Tante volte, specie durante manifestazioni internazionali, mi sento dire: "ma come, sei italiano e non tifi Italia?".
Ebbene si. Anche se mi fa piacere quando l'Italia vince, ho svariate ragioni per sostenere le squadre della perfida Albione: sono tutte semplici ed immediate, ma quella principale, non riesco mai a spiegarla bene, tanto da venire non capito.
Ecco invece che in un gelido venerdi' di fine Novembre, a mezzanotte inoltrata, mi ritrovo a leggere sulla gazzetta on line, un'intervista che mi semplifica la vita.
Si chiama Donati; giovane calciatore italiano che dal campionato di Serie A si e' trasferito in Scozia, piu' precisamente a Glasgow, per giocare con la squadra dei Celtic firmando un contratto quadriennale.
In una interivsta rilasciata alla gazzetta dopo la partita di Champions league, spiega del perche' "...non rimpiango l'Italia. La Scozia mi ha conquistato!".
Quello che traspare dal botta e risposta e' esattamente il punto principale del perche' simpatizzo fortemente per le squadre d'oltre manica (a tal punto da preferirle spesso alla squadra del mio paese natale).
Il calcio, quando posso, lo vado a vedere allo stadio dopo aver trascorso due ore circa in aereo.
Buona lettura.
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"La Scozia mi ha conquistato"
Eroe della sfida di Champions con lo Shakhtar Donetsk, il centrocampista italiano ha portato il Celtic ad un passo dagli ottavi. E si racconta alla Gazzetta dello Sport: " Qui ho trovato la semplicità ed i valori che mancano nella nostra serie A. Il Milan? Peccato, ma non porto rancore".

GLASGOW (Scozia), 29 novembre 2007
L’inglese è già discreto e tale da permettergli di sostenere interviste con la stampa scozzese. Massimo Donati è entrato nella storia del Celtic, il gol che ha rifilato mercoledì sera allo Shakhtar Donetsk di Cristiano Lucarelli ha fatto irruzione sulle pagine di tutti i giornali di Glasgow. "Don it", ha titolato il Daily Record giocando su certe assonanze tra il cognome del centrocampista e la lingua. Colpisce quanto dichiarato da Massimo in un’intervista volante fuori dallo stadio: "In Scotland every game is a normal game". Linguaggio basico, ma efficace, e senza bisogno di troppe traduzioni.
"La semplicità del calcio di Scozia mi ha conquistato. Qui non ci sono gelosie né invidie di spogliatoio. Fuori e dentro il campo si rema tutti nella stessa direzione. Perdi, vinci o pareggi, e poco cambia. I compagni sono dalla tua parte, i personalismi non esistono. In Italia contano altre cose, troppa gente gira attorno al pallone".
"Ho fatto una scelta forte, mi piacerebbe onorarla fino all’ultimo. Vivo poco distante dal centro, mia moglie Luana non è troppa contenta della sistemazione perché lei con la lingua fa più fatica di me. Ma si ambienterà, e presto avrà parecchio da fare, aspettiamo una bambina. Se un giorno dovessi tornare in Italia, senza alcun dubbio sceglierei la maglia dell'Atalanta, la squadra che porto nel cuore. Ho avuto la fortuna di crescere nel settore giovanile e mi sono sentito come parte di una famiglia. La città è bella, una piazza stupenda, ingredienti fondamentali per un ambiente piacevole per un giocatore".
"Sarei ipocrita se dicessi che non mi è dispiaciuto. Ci sono rimasto male. Scelta tecnica, l’allenatore Strachan me l’ha spiegata e l’ho accettata. Naylor si è fatto male e sono entrato dopo un quarto d’ora,abbiamo vinto 2-1 con mio gol all’ultimo secondo. Una notte indimenticabile".
"Sono soddisfazioni, ma al Milan io non porto rancore né astio. E’ andata così, amen. A San Siro basterà un punto per qualificarsi, però non credo che giocheremo per il pareggio, le formazioni britanniche odiano speculare, fare calcoli di classifica. Qui si va dentro per vincere contro chiunque".
"Ci penso, come è giusto che sia. Tre reti in campionato, una in Champions, tante buone prestazioni. Mi piacerebbe essere convocato per un’amichevole e giocarmi un’altra chance. L’Europeo? Non chiedo tanto. Non so neppure se Donadoni abbia mai mandato un osservatore a visionarmi (mercoledì a Celtic Park c’era Giorgio Ciaschini, la "spia" di Ancelotti, ndr)".
"Eh, qui sono particolari. Mercoledì si giocava alle 19.45, abbiamo mangiato a mezzogiorno e poi alle 16.15. Nel pomeriggio io ho fatto merenda con té e biscotti, mentre i miei compagni hanno 'bissato' il pranzo: lasagne, uova, fagioli, carne affogata in strane salse… Non so come facciano, ma vanno rispettati. Ciascun Paese ha le sue usanze. Certo, io non mi abituerò mai ai cannelloni o al pesce fritto pre-match...".
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