Friday, November 30, 2007

Thursday, November 29, 2007

"NON TI CAPISCO, MA SEI ITALIANO TIFA ITALIA, NO!?" (da "gazzetta.it", Nov 30 - 2007)

Tante volte, specie durante manifestazioni internazionali, mi sento dire: "ma come, sei italiano e non tifi Italia?".
Ebbene si. Anche se mi fa piacere quando l'Italia vince, ho svariate ragioni per sostenere le squadre della perfida Albione: sono tutte semplici ed immediate, ma quella principale, non riesco mai a spiegarla bene, tanto da venire non capito.
Ecco invece che in un gelido venerdi' di fine Novembre, a mezzanotte inoltrata, mi ritrovo a leggere sulla gazzetta on line, un'intervista che mi semplifica la vita.

Si chiama Donati; giovane calciatore italiano che dal campionato di Serie A si e' trasferito in Scozia, piu' precisamente a Glasgow, per giocare con la squadra dei Celtic firmando un contratto quadriennale.
In una interivsta rilasciata alla gazzetta dopo la partita di Champions league, spiega del perche' "...non rimpiango l'Italia. La Scozia mi ha conquistato!".

Quello che traspare dal botta e risposta e' esattamente il punto principale del perche' simpatizzo fortemente per le squadre d'oltre manica (a tal punto da preferirle spesso alla squadra del mio paese natale).

Il calcio, quando posso, lo vado a vedere allo stadio dopo aver trascorso due ore circa in aereo.
Buona lettura.

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Donati non rimpiange l'Italia
"La Scozia mi ha conquistato"


Eroe della sfida di Champions con lo Shakhtar Donetsk, il centrocampista italiano ha portato il Celtic ad un passo dagli ottavi. E si racconta alla Gazzetta dello Sport: " Qui ho trovato la semplicità ed i valori che mancano nella nostra serie A. Il Milan? Peccato, ma non porto rancore".



Tutta la gioia di Donati, tutta la delusione di Brandao. Reuters


GLASGOW (Scozia), 29 novembre 2007
L’inglese è già discreto e tale da permettergli di sostenere interviste con la stampa scozzese. Massimo Donati è entrato nella storia del Celtic, il gol che ha rifilato mercoledì sera allo Shakhtar Donetsk di Cristiano Lucarelli ha fatto irruzione sulle pagine di tutti i giornali di Glasgow. "Don it", ha titolato il Daily Record giocando su certe assonanze tra il cognome del centrocampista e la lingua. Colpisce quanto dichiarato da Massimo in un’intervista volante fuori dallo stadio: "In Scotland every game is a normal game". Linguaggio basico, ma efficace, e senza bisogno di troppe traduzioni.

- Donati, che cosa intendeva dire con "normal game"?
"La semplicità del calcio di Scozia mi ha conquistato. Qui non ci sono gelosie né invidie di spogliatoio. Fuori e dentro il campo si rema tutti nella stessa direzione. Perdi, vinci o pareggi, e poco cambia. I compagni sono dalla tua parte, i personalismi non esistono. In Italia contano altre cose, troppa gente gira attorno al pallone".

- Il suo contratto è quadriennale.
"Ho fatto una scelta forte, mi piacerebbe onorarla fino all’ultimo. Vivo poco distante dal centro, mia moglie Luana non è troppa contenta della sistemazione perché lei con la lingua fa più fatica di me. Ma si ambienterà, e presto avrà parecchio da fare, aspettiamo una bambina. Se un giorno dovessi tornare in Italia, senza alcun dubbio sceglierei la maglia dell'Atalanta, la squadra che porto nel cuore. Ho avuto la fortuna di crescere nel settore giovanile e mi sono sentito come parte di una famiglia. La città è bella, una piazza stupenda, ingredienti fondamentali per un ambiente piacevole per un giocatore".

- Contro lo Shakhtar ha cominiciato dalla panchina.
"Sarei ipocrita se dicessi che non mi è dispiaciuto. Ci sono rimasto male. Scelta tecnica, l’allenatore Strachan me l’ha spiegata e l’ho accettata. Naylor si è fatto male e sono entrato dopo un quarto d’ora,abbiamo vinto 2-1 con mio gol all’ultimo secondo. Una notte indimenticabile".

- Martedì il Celtic si giocherà la qualificazione a San Siro contro il Milan, dove lei non è stato "compreso"...
"Sono soddisfazioni, ma al Milan io non porto rancore né astio. E’ andata così, amen. A San Siro basterà un punto per qualificarsi, però non credo che giocheremo per il pareggio, le formazioni britanniche odiano speculare, fare calcoli di classifica. Qui si va dentro per vincere contro chiunque".

- La Nazionale?
"Ci penso, come è giusto che sia. Tre reti in campionato, una in Champions, tante buone prestazioni. Mi piacerebbe essere convocato per un’amichevole e giocarmi un’altra chance. L’Europeo? Non chiedo tanto. Non so neppure se Donadoni abbia mai mandato un osservatore a visionarmi (mercoledì a Celtic Park c’era Giorgio Ciaschini, la "spia" di Ancelotti, ndr)".

- Come va con l’alimentazione britannica?
"Eh, qui sono particolari. Mercoledì si giocava alle 19.45, abbiamo mangiato a mezzogiorno e poi alle 16.15. Nel pomeriggio io ho fatto merenda con té e biscotti, mentre i miei compagni hanno 'bissato' il pranzo: lasagne, uova, fagioli, carne affogata in strane salse… Non so come facciano, ma vanno rispettati. Ciascun Paese ha le sue usanze. Certo, io non mi abituerò mai ai cannelloni o al pesce fritto pre-match...".



Wednesday, November 28, 2007

ESISTE ANCORA LA DIGNITA' ED IL RISPETTO?



Non c'e' giorno che passa che non provi una sensazione negativa ogni volta che leggo il nostro quotidiano nazionale.
Oggi, tanto per mantenerci in media, leggo che il rom che lo scorso anno ha travolto, ucciso e omesso di soccorrere quattro giovani ciclisti nel piceno, (e notate bene, 4 omicidi con omissione di soccorso ed ha avuto i DOMICILIARI!!!!!), ha fatto da testimonial per una nuova linea di abbigliamento, "Linearom".

Ma ora dico io? Ma cosa cavolo ha la gente in testa? Perche' permettiamo che succedano cose di questo tipo?
Ai miei occhi risulta che atti come quello che ha compiuto il rom dovrebbero essere puniti pesantemente.
Cosa impareranno i nostri figli a vedere tutta questa immondizia? Di certo il messaggio e' piu' che diretto: "Fai quello che vuoi che tanto, con le nostre leggi, la fai sempre franca!".

Ci si lamenta tanto della sicurezza che e' diminuita o per alcuni, addirittura non esiste ma, facciamo veramente qualcosa per proteggerla o migliorarla?

La notizia che oggi ho letto, quella di aprire una linea di abbigliamento, pubblicizandola come niente fosse, usando l'immagine di un omicida, mi ha procurato nel seguente ordine:

- conati di vomito;
- rabbia perche' sicuramente il rom, grazie a tantissimi stupidi, di soldi ne fara' (magari non tantissimi ma sufficienti per viviere meglio della media nazionale, sfruttando quella che e' l'immagine che si e' procurato con il suo gesto);
- grande avvilimento per una societa' che piu' passa il tempo, piu' perde d'identita'.

Vi lascio all'articolo e alle vs considerazioni. Io, per oggi, non ho piu' ne' la forza ne' la voglia di pensare.




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Il rom che investì e uccise quattro ragazzi è testimonial di un marchio di gadget chiamato "Linearom"
Esplode la polemica. Il Guardasigilli: "Tristezza e sconcerto per chi sfrutta le proprie colpe e la morte altrui"

Caso Ahmetovic, Mastella avvia indagine: "Accertamenti sul regime detentivo"

ROMA - Un'indagine ministeriale per compiere accertamenti sul regime detentivo di Marco Ahmetovic, il 22enne rom che la sera fra il 22 e il 23 aprile travolse ed uccise, col suo furgone, quattro ragazzi di Appignano del Tronto e per questo condannato lo scorso ottobre a sei anni e sei mesi di reclusione ai domiciliari. L'ha avviata il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, dopo le pressioni ricevute da più parti in seguito a una vendita all'asta, su internet, di una serie di gadget col marchio "Linearom" che ha avuto lo stesso Ahmetovic come testimonial. La scelta delle misure cautelari, si legge in una nota di via Arenula, "compete esclusivamente al giudice e su di essa non sono possibili interferenze del ministero della Giustizia, e questo a prescindere dai sentimenti personali del Guardasigilli, che prova tristezza e sconcerto di fronte a chi sfrutta le proprie colpe e la morte altrui per acquistare notorietà e denaro".

Gli accertamenti. Nel caso di Ahmetovic, spiega una nota del ministero, Mastella "ha chiesto ai propri uffici di avviare accertamenti specifici sulle modalità del regime detentivo cui è attualmente sottoposto" e "sulla compatibilità di tale regime con lo svolgimento delle attività lucrative riportate dalla stampa".

L'iniziativa. Sul sito di aste eBay è stato messo in vendita, per 159 euro, l'orologio della "Linearom" di cui è testimonial Ahmetovic, attualmente agli arresti domiciliari a San Benedetto del Tronto. L'orologio appartiene a una serie di gadget, accessori e capi di abbigliamento (compresi jeans, occhiali da sole e profumo) ispirati alla figura e alla cultura gitana del 22enne, in procinto fra l'altro di pubblicare pure un memoriale. L'asta è cominciata il 25 novembre e scadrà il 6 dicembre.

L'ideatore. La "Linearom" è promossa dall'agente pubblicitario Alessio Sundas, che ha difeso l'operazione commerciale con argomenti piuttosto zoppicanti. Secondo Sundas, "è tutta colpa dei giornalisti se Ahmetovic è diventato una star".

Le polemiche. Bufera di reazioni dopo la diffusione della notizia. Compatto l'attacco della Lega, da Roberto Calderoli, che invoca "i lavori forzati" perché "non si può lucrare su una tragedia" a Piergiorgio Stiffoni, convinto che "i ragazzi italiani questi oggetti li lasceranno negli scaffali", a Carolina Lussana, secondo la quale "i romeni sono riconosciuti per se stessi dei violenti e quindi scelti per una linea di abbigliamento aggressiva e brutale". Gabriella Carlucci (Fi) propone un sit in al Palazzo di Giustizia contro la trasformazione del "rom killer" in "fotomodello". Luca Volontè (Udc) parla di "speculazione raccappricciante", Maurizio Fistarol (Pd) aveva chiesto a Mastella un'indagine ministeriale mentre Silvana Mura (Idv) aveva bollato la vicenda con "è una vergogna".

Polemiche locali. Il Consiglio regionale delle Marche ha respinto a maggioranza una proposta di An, votata compatta da tutto il centrodestra, che trae spunto dai fatti di Appignano per invocare maggiore sicurezza. L'assemblea si era già pronunciata contro lo sfruttamento commerciale della tragedia nella seduta precedente. Ma il no, nel giorno della messa all'asta dell'orologio "Linearom", è "una vergogna" commenta il consigliere regionale di An Guido Castelli.


Friday, November 23, 2007

PERCHE' LORO RIESCONO E NOI NO?

La mia, e' una domanda che mi pongo di frequente e non solo riguardo al tema che sto per proporvi.
Non e' che non mi sappia dare delle risposte, anzi, ne ho pure troppe. Il fatto e' che ogni volta che ci penso e mi ci soffermo, incomincio ad incazzarmi cosi' tanto, che vorrei prendere a calci nel sedere coloro che, o per interesse o per pigrizia, non vogliono capire o ancor peggio, fanno finta di non capire.
Le mie speranze pero', non sono ancora esaurite.
Vorrei allegare un file pdf a riguardo corredato di immagini e ulteriori informazioni, ma non essendomi possibile
vi chiedo, solo se realmente interessati, di richiederlo tramite email al seguente indirizzo:

tomato@tomatogeezer.eu

Buona lettura.

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ECOBURGO, LA CITTA’ DEL SOLE

Tanto verde, poche auto. Nella tedesca Friburgo, quartiere Vauban, si vive producendo in casa l'energia che si consuma. (di Laura Facchi. Foto di Alberto Bernasconi)

Se potessimo inventare la nostra casa ideale come sarebbe? Probabilmente immersa nel verde, ma ben servita dai mezzi pubblici e non lontana dalle comodità della città, in un luogo pulito e ricco di costruzioni variopinte. Sicuramente inseriremmo anche parchi e giochi per i nostri bambini, posti auto a volontà in modo da non essere soffocati dalle macchine parcheggiate in modo selvaggio sulla strada. Vorremmo un’abitazione bella, ma anche economica, per cui non sia necessario spendere migliaia di euro in bollette. Alla fine, se la straordinaria magia si realizzasse, l’incanto ci trasporterebbe in un luogo molto simile a Vauban.

Siamo a Friburgo, nella Foresta Nera. Una città di 100mila abitanti che da qualche anno ha messo in atto una intelligente politica di utilizzo delle energie rinnovabili.

Tanto da renderla famosa in tutto il mondo, grazie all’utilizzo dei pannelli solari e alla ricerca in campo energetico realizzata dal Centro Studi Fraunhofer. Oggi Friburgo è conosciuta come la Città del Sole e Vauban è il suo quartiere delle fiabe. In realtà si tratta di un luogo reale, uno spicchio urbano dove vivono persone che producono autonomamente l’energia di cui hanno bisogno. Lo fanno grazie ai pannelli solari schierati sui tetti, con l’aiuto dei sistemi di isolamento termico e degli impianti di riutilizzo dei rifiuti, per fare alcuni esempi degli innovativi sistemi di costruzione che gli architetti hanno ideato e applicato a queste case chiamate “passive”. Ovvero, capaci di assicurare benessere termico pur senza utilizzare impianti di riscaldamento convenzionali. «La percentuale di energia proveniente da fonti rinnovabili ammonta attualmente al 5 per cento», spiega in proposito il sindaco di Friburgo, Dieter Salomon, esponente dei Verdi. «Nel giro di pochi anni, però», promette, «contiamo di arrivare al 10, se non addirittura al 20 per cento». Ma in questa storia i numeri hanno un ruolo relativo. Certo, quel 5 per cento è già un ottimo risultato, anche se rimane al di sotto della media nazionale tedesca, che riesce a raggiungere l’8% grazie ai piccoli paesi del nord della Germania, che utilizzano diffusamente l’energia eolica. Quello che conta, a Friburgo, è il coinvolgimento dell’intera popolazione in quello che è diventato un progetto di eccellenza energetica. Tutti insieme, adulti e bambini, impegnati in un piano che garantisce occupazione e si è trasformato in una fonte di guadagno per l’intera città. Grazie ai visitatori e agli investitori. Entrambi in costante aumento.

Ti aspetti una città avveniristica, fatta di pannelli solari che corrono lungo i marciapiedi e coprono le facciate dei palazzi.

E invece, arrivando qui scopri che la magia del luogo non è creata da una tecnologia invasiva.
Anzi. I pannelli solari, per esempio, ci sono ma sistemati in modo discreto. Il segreto di Friburgo non è quello degli appartamenti domotici, ma di una diffusa qualità di vita, presenza del verde, sostenibilità ambientale. Rolf Disch, il primo architetto che qui ha ideato abitazioni energeticamente autosufficienti, ci svela così il mistero: «Quando i turisti scendono alla stazione vorrebbero trovarsi immediatamente immersi nella Città del Sole, vedere un segno tangibile di ciò che rende Friburgo un caso unico e interessante. Ecco perché ho ideato questo ». L’architetto ci mostra una pensilina totalmente ricoperta da pannelli solari, il suo ultimo progetto, che per ora rimane sulla carta, in attesa dell’approvazione da parte dell’amministrazione. Ma la storia dell’avventura di Friburgo è lunga ed ebbe inizio nel 1976. In maniera turbolenta, con tanto di manifestazioni di piazza: gli abitanti protestavano infatti contro la decisione del governo tedesco di installare una centrale nucleare poco fuori dalla città. Studenti universitari, contadini, operai, impiegati: tutti vennero coinvolti. E tutti insieme vinsero. Il progetto della centrale fu abbandonato in seguito alle manifestazioni, ma non l’idea di trovare una valida alternativa all’energia convenzionale. Trentuno anni dopo Friburgo si presenta come una cittadina ordinata e pulita. I tram la attraversano in tutte le direzioni e si arriva dappertutto in pochi minuti. Le macchine possono percorrere soltanto le strade principali, senza creare ingorghi. Tante biciclette in giro, tanti mezzi pubblici: anche questo è un punto di forza della città. Usare energie pulite significa diminuire l’utilizzo delle emissioni inquinanti. «In Germania la proporzione tra automobili e abitanti è di 500 a mille; qui da noi è di 400 per mille, ma ci sono anche casi limite come quello del quartiere di Vauban, dove si scende addirittura a 70 motori ogni mille persone», spiega il sindaco.


Perché è a Vauban che ci si rende conto di come l’incredibile possa diventare possibile.

Nel quartiere modello i bambini hanno a disposizione tantissimi micro-parchi dove scatenarsi, giochi avventurosi costruiti con pochissima tecnologia e tanta fantasia. Per loro è stata creata anche un’area dove possono imparare a vivere nei boschi trasformandosi in piccoli indiani. Qui le case producono più energia di quella che consumano. È vietato posteggiare l’auto in strada: occorre garantirsi un posto nel Solar Garage costruito in cima al quartiere. Vauban è colorata, diversificata, pulita e giovane: il 31 per cento dei suoi abitanti ha meno di 18 anni e per accorgersene basta fare una passeggiata nella zona. I bambini sono ovunque: avere una famiglia qui è più semplice che in tanti altri posti.

Ma Vauban, un tempo, era una caserma. Nel 1992 il Comune acquistò il terreno dal governo tedesco e cominciò a pianificare la costruzione di un nuovo quartiere residenziale ecologico dedicato a diverse classi sociali. «Quando sono venuti qui tanti erano attratti dal verde, dai parchi giochi e con il passare del tempo hanno scoperto che cosa significa vivere in una casa “passiva”. Ora non potrebbero tornare indietro», racconta per esempio Andreas, intraprendente programmatore che si è inventato un’attività parallela al suo lavoro principale. Il suo istinto glielo diceva: presto la gente avrebbe visitato Friburgo non soltanto per la Foresta Nera e così ha iniziato a fare la guida turistica nel suo quartiere. Ma adesso i residenti sembrano soffrire di una strana sindrome che non ha un nome e potrebbe essere definita “sindrome da zoo”. Stanchi di essere scrutati, osservati, fotografati, invidiati, hanno cominciato a sorridere un po’ meno ai visitatori francesi, coreani, giapponesi, inglesi. O a farlo quasi in modo rassegnato. Come fa Martine, che ci accoglie in casa sua: francese, è arrivata qui seguendo suo marito dopo anni di lavoro in Africa per diverse Ong. «Mi sono trasferita per spirito di avventura», racconta. «Era un nuovo quartiere, diverso da tutto quello che conoscevamo e non sapevo nulla di case “passive”».

Perché poi scopri che Vauban è un esperimento di convivenza civile, oltre che architettonico:

diversi comitati gestiscono al meglio la vita degli abitanti, che oggi sono circa 5 mila. Ma dal prossimo anno aumenteranno: stanno infatti per essere ultimate nuove costruzioni. E questo non è l’unico quartiere residenziale di Friburgo concepito secondo criteri di eccellenza energetica. Poco distante c’è Risenfeld, più grande, meno “perfetto”, ma strutturato con gli stessi principi. In città esiste anche una scuola superiore, il Richard Fehrenbach Gewrbeschule, specializzata nella formazione di tecnici da impiegare per la produzione e l’installazione di pannelli solari. «Perché questo è uno dei problemi delle rinnovabili: trovare professionalità per utilizzare le nuove tecnologie», avverte dalla Fabbrica del Sole di Milano l’architetto Giorgio Shultze. Ma a Friburgo ha sede anche la fabbrica leader nella produzione di pannelli solari, Solar Fabrik, uno dei più importanti centri studio sull’energia, il Fraunhofer Institut e finanche lo stadio comunale sono illuminati da una corona di pannelli parcheggiati sulle tettoie. A dimostrazione che la Città del Sole è realtà.

Thursday, November 22, 2007

LETTERA DI LUCIANA LITIZZETTO AD ANDREA BIAVARDI, DIRETTORE DEL MENSILE

Lo confesso.
Ho ceduto alla tentazione di comprare la nuova rivista maschile "For men magazine".
Del resto, come potevo resistere agli affascinanti argomenti annunciati dalla copertina (che, tra parentesi, ritrae un tizio con una faccia da pirla e un asciugamano di spugna bianca che fa tanto "figo da spogliatoio")?

Almeno quattro i titoli memorabili:
"Falle dire basta stanotte!"
"Ricco entro Pasqua: 15 idee geniali"
"Trucchi: mangi il doppio diventi la metà "
"Smetti di fumare e voli ai Caraibi".

Non vorrei deludere il geniale direttore Andrea Biavardi, ma a far dire "BASTA" a una donna siete già tutti bravissimi da soli poichè di solito ne abbiamo abbastanza dopo i primi tre minuti.

La vostra difficoltà sta nel farle dire "ANCORA!", al limite.

Ci pensi su, per il prossimo numero.

Riguardo allo slogan "Ricco entro Pasqua" beh, signor Biavardi, se vuole fare le cose fatte bene, nel prossimo numero alleghi anche due simpatici gadgets: passamontagna e chiave inglese.

Alla promessa "Mangi il doppio e diventi la metà ", invece, tenderei anche a credere. Bisogna vedere la metà di cosa. Io se mangio il doppio, signor Biavardi, divento l'esatta metà del Partenone, in effetti.

Infine, sempre in copertina, campeggia la scritta "Smetti di fumare e voli ai Caraibi".
Guardi signor direttore, io non ho mai conosciuto uno che abbia smesso di fumare e che sia andato in un'isola tropicale a festeggiare.
In compenso ho sentito un sacco di gente che ha cominciato a fumare sostanze illecite e s'è fatta certi viaggi senza neanche uscire di casa che lei neanche si immagina.

Ma questo è solo l'inizio.

Una si illude che il peggio sia già tutto in copertina e invece no, il meglio è all'interno!

A pagina 52 c'è un avvincente e istruttivo servizio con tanto di foto redazionali su "come slacciarle il reggiseno" che tiene conto dei vari modelli (classico, seduttivo, sportivo...).
A parte l'intelligenza del servizio in sè, vorrei soffermarmi sul consiglio per slacciare rapidamente il modello sportivo, che è :
"se lei è spiritosa dacci un taglio con le forbici!".
Biavardi, io le garantisco che sono una donna alquanto spiritosa, ma se un uomo che magari conosco da poco, in un momento di intimità mi tira fuori dal taschino un paio di forbici, io come minimo penso che sia il mostro di
Milwaukee e nella migliore delle ipotesi gli assesto un calcio nelle palle che il mese dopo il soggetto in questione passa dal suo For Men Magazine a Donna Moderna.

A pagina 50 poi, si tocca l'apice grazie ad un servizio che affronta la spinosa questione: "Se l'iguana domestico ci prova con tua moglie".
Nell'articolo si sostiene infatti che ci sono diversi casi di molestie sessuali da parte di iguana nei confronti di donne con il ciclo.
Senta signor Biavardi, lei l'ha mai vista una donna col ciclo?
Mi segua signor direttore, non parlo di una donna in sella al motorino. Parlo della donna in quei giorni lì.

Ecco guardi, io in quei giorni ho la cera del cugino IT e l'affabilità di Godzilla, non mi si avvicinerebbe a meno di cento metri un velociraptor si figuri un iguana.

E infine, l'apoteosi vera e propria: il test "sei uno stallone o una schiappa?".
Le domande sono tra le cose più esilaranti che io abbia mai letto in vita mia. In pratica sei ritenuto uno stallone se rispondi sì a domande come questa:
1) Ti è mai capitato di farlo con una donna e poco dopo, con la sua compagna di stanza?
"Un sacco di volte! Alla casa di riposo "Domus Mariae".
2) Di essere chiamato da una donna che ti chiede se può venire da te alle nove del mattino?
.....Sì certo, da una rappresentante della Folletto.

Mi fermo qui. Donne, consoliamoci: noi una volta al mese avremo pure le nostre cose, ma loro una volta al mese hanno For Men Magazine in edicola.

Mica lo so chi sta peggio

Tuesday, November 20, 2007

SALUTE: DIARREA VIAGGIATORE, 350 MLN EURO ANNO PER CURARLA

MILANO (ANSA) - Milano, 20 Novembre


Trecentocinquanta milioni di euro ogni anno.

E' la spesa sanitaria necessaria per trattare i casi di diarrea acuta che colpiscono gli italiani, senza considerare i ricoveri ospedaleri. Il dato e' stato presentato oggi a Milano in un incontro nel quale e' stato presentato un nuovo farmaco per gestire i sintomi della diarrea. Il problema e' ancora piu' attuale a causa dell'avvicinarsi del Natale e per il fatto che molte mete di chi va in vacanza sono soprattutto in localita' esotiche: ogni anno sono un milione gli italiani che si recano in Paesi tropicali, molti dei quali sono considerati a rischio di contrarre la diarrea del viaggiatore, come il Sud dell'Asia, l'Africa e l'America Latina. Si calcola che circa il 40% dei turisti che visitano questi Paesi cade vittima della cosiddetta 'maledizione di Montezuma'.

Molti viaggiatori, pero', ricorrono ancora al fai da te, con il rischio di non curare per tempo la malattia. Secondo la Societa' italiana di medicina dei viaggi (Simvim), l'ideale sarebbe invece rivolgersi prima di ogni viaggio in un Paese a rischio ad un centro specialistico come l'Ambulatorio di profilassi internazionale, che si trova sia nelle Asl sia negli ospedali, per chiedere il consiglio del medico e per aver prescritti eventuali farmaci da portare con se'.


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Mi chiedo quale sia il fai da te per questa materia in oggetto. Forse uno o due spicchi d'aglio "nascosti" da qualche parte? oppure una bella spremutina di limoni, tipo tra le 20 e le 26 unita', bevuta tuttad'unsoffio?

A voi l'ardua sentenza.

VIDEO SHOCK: COSI' MUORE LA MODELLA (da "repubblica.it", Nov 20 - 2007)






L'ultimo caso in Israele.
Hila Elmalich ha avuto un attacco cardiaco.
Adi Barkan, suo amico, ora si rifiuta di ritrarre ragazze troppo magre.
Trenta chili, muore modella anoressica.
E il fotografo accusa il mondo della moda.
La sua battaglia per cambiare l'industria, che impone modelli impossibili e malsani.




GERUSALEMME - Trenta chili o qualcosa di meno. Questo il peso della modella israeliana Hila Elmalich quando è morta all'improvviso, per un attacco cardiaco dopo anni di lotta contro l'anoressia. E' l'ultimo shock, in ordine di tempo, a colpire il mondo della moda sotto accusa da più parti per la promozione di un'immagine di bellezza irreale e pericolosa e l'eccessiva pressione imposta alle modelle, costrette ad essere troppo magre.

In Israele, la denuncia arriva da un fotografo, amico della Elmalich, che ha dato vita ad una campagna nazionale contro il diktat delle modelle ultra-magre. Dopo Oliviero Toscani, con le sue immagini choc che hanno fatto tanto discutere, ora è la volta di Adi Barkan, che ha deciso di non fotografare più ragazze con un indice di massa corporea - una misura del grasso corporeo - al di sotto di 19. Due anni fa, ha visto la sua amica Hila cadergli tra le braccia incapace di reggersi in piedi. E ora, le è stato accanto anche per la sua ultima crisi, che l'ha portata alla morte. Dopo la tragedia che l'ha colpito personalmente, ha deciso di non rimanere più a guardare: Israele è stato il primo paese nel 2004 ad approvare una legge che impone alle agenzie di non assumere ragazze troppo magre.

La sua battaglia la combatte a livello internazionale, per cercare di cambiare l'atteggiamento del mondo della moda nei confronti di un'immagine di bellezza falsa, al limite della malattia. Il caso di Hila è purtroppo solo l'ultimo di una serie che si sta allungando pericolosamente: in agosto la modella uruguayana Luisel Ramos è morta durante la settimana della moda a Montevideo, dopo aver sopravvissuto con una dieta di lattuga e bibite a basso contenuto calorico. Pochi mesi dopo è toccato a Ana Carolina Reston, modella brasiliana di 21 anni, che aveva un indice di massa corporea pari a 13,5.

Monday, November 19, 2007

VITA SOTTO I RIFLETTORI E VITA D'OGNIGIORNO. Due mondi paralleli ma totalmente diversi, vero Britney?

La storia di Britney Spears e Kevin Federline, ovvero il perfetto esempio di un divorzio gestito male, in cui i figli soffrono e possono subire traumi psicologici seri. Dopo aver occupato le prime pagine dei giornali scandalistici, la fine del matrimonio della popstar e la conseguente battaglia per la custodia dei figli diventano ora oggetto di studio scientifico.

Larry Ganong, un ricercatore dell'Università del Missouri-Columbia, esperto di divorzi e tematiche delle famiglie allargate, usa il caso Spears-Federline come oggetto di ricerca ed esercitazioni didattiche nel suo corso di Sviluppo Umano e Studi sulla famiglia. Ora le sue osservazioni sul divorzio celebre sono diventate un saggio, che ha avuto l'onore della pubblicazione sulla rivista Envinromental Sciences. "Questo caso serve di esempio - ha commentato Ganong - per sottolineare i danni che vengono ai minori quando sono intrappolati in una battaglia legale per la loro custodia".

In nome dei figli. La storia tra la popstar e Federline è stata un fenomeno mediatico fin dall'inizio. Ogni passo della vita privata dei due è stato analizzato, commentato e amplificato da video, articoli e foto. La richiesta di divorzio fatta a Federline con un sms, i ricoveri della Spears nelle cliniche di riabilitazione, le immagini che mostravano una donna in precarie condizioni psicologiche che stringe tra le braccia i figli piccoli (Sean Preston ha 2 anni e Kevin 1) hanno fatto della storia tra i due un perfetto argomento da tabloid.

Del resto Britney e Federline, almeno all'inizio, hanno fatto di tutto per essere sotto i riflettori, fino ad essere i protagonisti, nel 2005, di un reality show sulla loro vita di coppia. Poi i due bambini: quando nel novembre 2006 Britney ha mandato a Federline il messaggio con cui chiedeva il divorzio, ha stabilito subito che i figli restassero a lei. Ma il rapper le ha dato battaglia e per mesi si sono susseguite discussioni tra legali e minacce per ottenere almeno una custodia congiunta.

"Tutto sbagliato". "Stanno sbagliando praticamente tutto - scrive Ganong nella sua ricerca - questo tipo di battaglie è davvero dannoso per i bambini. Invece che insegnare il valore della cooperazione e del dialogo dà esattamente il messaggio opposto. Qualunque sia la situazione e di fronte a qualunque tipo di richieste, chi divorzia dovrebbe sempre mettere al primo posto i bisogni dei bambini, mettere da parte la rabbia e imboccare la strada del confronto tenendo a mente che prima di tutto ci sono i figli".

Facile a dirsi, ma il caso Spears-Federline non è raro, tanto che circa la metà dei tribunali americani impone alle coppie che stanno divorziando di seguire un corso per imparare a mettere da parte le loro rivendicazioni e porre al centro dell'accordo la tranquillità e il benessere dei bambini. Ganong è l'ideatore di uno di questi "programmi di formazione", adottato da molti tribunali statunitensi.

Buoni e cattivi esempi. "Quando tengo il mio corso - spiega Ganong - utilizzo la storia delle due star come esempio. La conoscono più o meno tutti e inoltre capita che gli studenti, o gli adulti che devono seguire il programma imposto dal tribunale, simpatizzino per l'una o l'altro. In questo modo riesco a evidenziare meglio che, invece, l'attenzione deve essere rivolta in primo luogo ai bambini". "Quando cerchiamo di insegnare a chi divorzia a collaborare, non ci aspettiamo che provi simpatia per l'ex coniuge, ma vogliamo arrivare a mostrare l'importanza della correttezza, della cordialità dei rapporti. Trattiamo l'ex matrimonio come un'impresa d'affari in cui ci sia ancora del lavoro da fare insieme e questo lavoro è l'educazione dei figli. Solo se lo si fa bene si otterranno dei profitti".

Liti da star. Un altro aspetto della storia di Britney Spears che serve a Ganong è quello della pessima fama che la cantante si è conquistata. "Durante i miei corsi sottolineo che l'interazione con l'ex partner su basi di correttezza è difficile, perché ciascuno conosce bene i punti deboli dell'altro e li utilizza per ottenere quel che vuole e spesso per gettare discredito sul coniuge". "Prendiamo il caso famoso: Britney ha problemi di alcol, è instabile psicologicamente. Federline ha più volte ripetuto che esige la custodia dei bambini per "allontanarli dai pericoli". Un modo esemplare di usare un diritto dei bambini, quello alla sicurezza e alla tranquillità, per fini personali".

"Allontanare del tutto i figli da uno dei due genitori è completamente sbagliato, anche se uno dei due ha problemi - continua Ganong - padre e madre devono collaborare per essere una presenza costante nella vita dei loro figli, sempre. La sicurezza dei bambini è senz'altro prioritaria, soprattutto se ci sono stati episodi di violenza domestica o tossicodipendenze. Tuttavia non vedere mai uno dei genitori, che in genere è quello che ha più problemi, può essere pericoloso per il bambino. I figli tendono a idealizzare il genitore che non vedono mai o ad averne una opinione distorta perché tutto ciò che sentono su di lui o lei è negativo. Nessuna delle due situazioni è positiva, il bambino crescerà comunque senza conoscere la realtà".

Sembra quasi una difesa d'ufficio di Britney, fotografata ubriaca, rasata, barcollante, ma spesso stretta ai figli. Magari la ricerca e i corsi di Ganong non serviranno alla coppia da tabloid, che si combatte a suon di migliaia di dollari spalleggiata da avvocati famosi, ma potranno aiutare qualche coppia comune a uscire con maggiore dignità delle star da un matrimonio sbagliato.

Friday, November 16, 2007

WAL-MART ATTEMPTING TO GO GREEN? IS THAT TRUE? (da "globeandmail.com", Nov 15 - 2007)


Se qualcuno di voi ha visto il film "The Corporation" (http://www.thecorporation.com) sapra' allora di cosa si tratta Wal-Mart. Per chi invece non ne fosse al corrente, beh, vi basta sapere che, non perche' sia americana, ma la Wal-Mart e' la piu' grossa (e probabilmente una tra le peggiori), corporation.
Eccomi quindi qui a riportare con grande stupore una notizia che mi ha lasciato sorpreso e con un grosso interrogativo: marketing? volgia di pulirsi la coscienza? voglia di cambiare?


Onestamente non ne ho la piu' pallida idea, ma resta il fatto che almeno una grossa realta' come la Wal-Mart, tenti di fare qualcosa per cambiare l'impatto ambientale. Ed in tutta sincerita', a questo punto visto come e' sviluppato il mercato, non mi interessa se e' per interesse o per pulirsi la coscienza per il passato. Il risultato e' che si cerca di fare un minimo sforzo per portare beneficio alla societa' e l'ambiente circostante.

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Report on green solutions: “Retail: walking the walk”.

SCRUBBING FROM THE TOP DOWN

Wal-Mart is engineering wholesale eco-change by putting pressure on detergent makers and other suppliers to clean up their acts, Dianne Rinehart writes

by Dianne Rinehart




Less is more.
At least when it comes to liquid laundry detergent, and the impact a small change in a big product category can have on the world's environment.
When Wal-Mart announced recently it would carry only two-times-concentrated (or higher) liquid laundry detergent by May, 2008, it set off a reaction that amounts to one giant leap for the environment among manufacturers, packagers and shippers, experts say.
That's because concentrated detergent requires less water in manufacturing, less plastic for containers, and less cardboard packaging.
It also requires less shipping and storage space and fewer delivery trips. That means reduced greenhouse gas emissions during manufacturing, shipping, and storage - and less garbage and recycling, as well.
In short, the detergent initiative, combined with other eco-moves Wal-Mart has under way, has pressured manufacturers and suppliers to reduce their environmental footprints or lose access to shelves at the retailer, which is the world's largest, with revenue of $351-billion, 1.9 million employees and 6,500 stores in 13 countries.
"For the environment, this is probably one of the best things that could have happened in terms of having an impact of a substantial magnitude," says Ashwin Joshi, marketing professor and director of the MBA program at York University's Schulich School of Business in Toronto.
"Wal-Mart's move is quite significant," agrees Tima Bansal, director of the Centre for Building Sustainable Value at the University of Western Ontario, because it affects 60,000 suppliers from around the world, including those in Third World countries such as China. "When Wal-Mart ... says, 'you have to do that,' that's going to change the actions of suppliers in emerging economies, too."
That's an effect no Western government or environmental group has been able to achieve, and it will likely affect environmental practices from the manufacturing of toys to the growing and processing of foods, experts say.
Wal-Mart's directive influences not only what suppliers make for its shelves but what they market to the world. By April, 2008, Procter and Gamble will have dropped non-concentrated liquid detergents from all Canadian stores, says Lee Bansil, director of external relations for consumer products giant Procter and Gamble Canada.
Part of Wal-Mart's initiative is to promote the consumer acceptance of eco-friendly products. After all, its marketing muscle made Procter and Gamble's Tide HE concentrated laundry detergent - which reduced bottle size by half and packaging by 43 per cent - the top selling liquid detergent at Wal-Mart Canada stores.
"Support from Wal-Mart and promotion at Wal-Mart is a very big carrot for suppliers [to go green]," says Kevin Groh, a spokesman for Wal-Mart Canada.
When the company decided to push energy-saving compact fluorescent light bulbs, it simply changed how shelves were stocked, giving priority placement to fluorescents, which boosted sales enormously, he says.
"When they decide something is important, they go after it in the most systematic, rigorous way known to mankind," Dr. Joshi says of Wal-Mart's actions.
"If they decide they want to move in a particular direction, I would bet on this transforming a number of sectors."
Dawn Bazely, director of York University's Institute for Research and Innovation in Sustainability, agrees: "The clout they have is like IKEA's in terms of their ability to tell their suppliers [what they want] ... You're talking about tipping the way business is being done."
Wal-Mart's actions will encourage consumers to compare environmental footprints on every product they purchase, predicts McMaster University marketing professor Ashish Pujari.
"The customer will be looking not just at the entire impact of one company's green policies, but at each individual product," he says.
In fact, when Wal-Mart decided to go green, it found that 92 per cent of its environmental impact was because of the products it sells, with its operations responsible for only 8 per cent, says Mr. Groh. Hence its edicts to suppliers.
Although the reduction in pollutants and garbage worldwide from Wal-Mart's moves hasn't been quantified yet, here are some numbers that give pause:
Savings for Tide HE detergent, which contains 35 per cent less water, total 1,637 tonnes of plastic and 2,272 tonnes of packing materials a year in Canada. Greenhouse gas emissions will be reduced by 22,000 tonnes annually in Canada, and 215,000 tonnes throughout North America.
Unilever Canada estimates that its brand of three-times-concentrated laundry detergent, Sunlight Multi-Action, saves 2,201,000 litres of water, 896,000 square feet of cardboard, 120,000 litres of diesel fuel, and 78,400 kilograms of plastic annually in Canada.
Wal-Mart Canada estimates that environmental savings for its 20 per cent of the retail market will amount to 94.6-million litres of water, 2.2 million kilograms of plastic and 3 million kg of cardboard.
Laundry detergent is just one aspect of Wal-Mart's green plan. Since 2005, when the retailer launched its three sustainability goals - to produce zero waste, to be powered by 100-per-cent renewable energy and to make eco-friendly products available - it has made progress on all fronts.
The company is looking at every aspect of its business, including store lighting, recycling policies among suppliers and vehicle idling.
"We do know that 25,000 fewer garbage trucks will visit Wal-Mart this year as a result of waste reduction. There's not one aspect of our business we're not looking at through a more sustainable lens," says Mr. Groh.
The company's goals aren't just altruistic, he adds. "As a responsible company, we're looking at lowering the environmental impact. As a retailer, we're looking for processes and products that make sense for our business."
In fact, experts say that Wal-Mart is succeeding where consumers and governments have not, despite all their green talk. The company is the biggest purchaser of green power - solar, wind and hydro - in Canada, something equivalent to taking 3,875 cars off the road for a year.
"This is going to be a million times bigger than customer activism ever was," says Dr. Joshi.
It is Wal-Mart's size - previously perceived as a negative - that is enabling it to succeed. Consider what's involved in changing just one product: liquid laundry detergent. Suppliers must not only retool manufacturing but reformulate products and reassure consumers they are getting the same number of loads from a small bottle as from a big one.
"There's a lot at stake," notes Mr. Bansil. "It's like playing with the crown jewels."
So will consumers see lower prices, reflecting reduced packaging and shipping costs? "Savings?" responds Mr. Bansil. "This is an investment for us. We've done a lot of consumer research and reformulating and changing our production lines."
And the R&D work doesn't stop there. Next up is concentrated fabric softeners, as Unilever and Procter and Gamble look at another product sure to come under Wal-Mart's microscope.
While the greening of Wal-Mart is a challenge for manufacturers, it's a huge headache for Canada's estimated $6-billion packaging industry.
"The biggest challenge is understanding the complexity of what sustainable packaging is all about," says Jim Downham, president and chief executive officer of the Packaging Association of Canada.
Not only must packagers create new bottles and boxes for customers, but those boxes - to score green points with Wal-Mart - must hold the most number of units possible and make best use of shipping pallets to require the least number of trucks and ships.
They must also utilize eco-friendly materials and manufacturing practices, reduce energy consumption and use renewable energy.
"We're miles from [achieving] it," Mr. Downham acknowledges. The packaging industry is scurrying to meet customer demands, he says, "but requires education and information resources to achieve more sustainable packaging solutions."
In the end, Wal-Mart's U.S. headquarters says reducing packaging by 5 per cent by the year 2013 will save 667,000 tonnes of carbon dioxide, equal to taking 213,000 trucks off the road annually and preventing 323,800 tonnes of coal and 66.7 million gallons of diesel fuel from being burned.
"It makes me feel great," Mr. Downham says of such predictions. Now all he has to do is figure out how to do it.
If packagers need ideas, they need only ask Barry Friesen, director of waste management services for Ontario's Niagara Region.
He suggests they start with powdered detergent boxes that combine recyclable cardboard with non-recyclable plastic handles. They are a nightmare for waste managers, he says. "The liquid detergent bottle on the other hand, is 100-per-cent recyclable, so reducing [size] is helping us."
Consumers should realize they're not paying just for the product and its packaging also but the costs of garbage pickup, recycling and landfill services.
"Canadians have been looking for industry to step up to the plate," says Mr. Friesen, who sits on Procter and Gamble's expert advisory panel on sustainability on his own time "to impress the Proctor and Gamble and Wal-Marts of the world the importance municipalities and residents place on lowering our environmental footprint."
Ken Ogilvie, executive director of the Toronto-based environmental group Pollution Probe, is also a member of the Procter and Gamble committee. He says that while concentrated detergent is just one piece of the puzzle, every step is important in reducing energy use and easing greenhouse gas emissions.
"Look at the thought process that went into creating compact detergents and apply that elsewhere," he advises manufacturers.
In the end, Dr. Joshi says that Wal-Mart may have run into bad publicity in the past for its labour practices and elimination of competitors, but "you have to hand it to them - and hand it to them big time," for its moves on the environment.


Concentrated savings

2.2 million: Litres of water saved annually in Canada through the manufacture and sale of concentrated laundry detergent Sunlight Multi-Action.
78,400: Kilograms of plastic saved in manufacture of Sunlight a year.
22,000: Tonnes of greenhouse gas emissions saved annually in Canada through manufacture and sale of Procter and Gamble concentrated detergents.
896,000: Square feet of cardboard saved in packaging for Sunlight a year.

Thursday, November 15, 2007

FENOMENO IN ESPANSIONE IN UK (da "guardian.co.uk", Nov 16 - 2007)

Bullying, exams and drugs - secondary school pupils reveal their hopes and fears

· Survey shows generation of conscientious children
· Many play sports but large minority smoke and drink

Polly Curtis, education editor
Friday November 16, 2007
The Guardian



Children start secondary school worrying about bullying and how they will make new friends after the comfortably small world of primary school. By the time they hit their teens they are stressed out by exams and one in seven has taken drugs, according to a government survey of 115,000 pupils in England.

The revealing portrait of 10- to 15-year-olds suggests a generation of conscientious students who are deeply concerned about their own education and skilled critics of their classes and teachers. Many do voluntary work and sports - 40% exercise more than six times a week.

But it also reveals a significant minority who are regularly taking drugs, drinking and smoking, and who want more advice on sex. Somewhere after their 13th birthday rates of substance abuse and alcohol consumption increase, but for a hard core it starts even earlier: 5% of 10- to 11-year-olds had been drunk at least once in the four weeks before they were questioned.

It also suggests children would like more advice from families and peers. When their parents are not available - or they choose not to approach them for advice - 15% deal with problems in silence rather than turning to a friend or teacher.

The survey, conducted by Ipsos Mori for Ofsted and the Department for Children, Schools and Families this summer, found that a third of 10- 15-year-olds say they have been bullied and a third of them say their schools do not do enough to prevent bullying. Four out of 10 want more help from teachers in school and another four out of 10 want calmer lessons. Half have already decided against going to university when they leave school.

Children worry more about exams than friendships and the future. Half of children are stressed about exams, 39% worry about friendships, 35% worry about school work, 32% worry about their own health and 30% about their future.

Some 86% of children claim to be healthy - despite the fact one in five children are expected to be obese by 2010. Nearly three-quarters said they had never smoked a cigarette and 80% of older children said they had never tried illegal drugs, but that changed with age.

The problems once children pass their 13th birthday are stark: Nearly 40% say they have been drunk more than once in the past month and 40% have smoked. A small minority have used harder drugs. Overall, 3% had tried sniffing glue and 3% said they had used a class A drug such as cocaine or ecstasy.

The survey was designed to influence policy-makers, to give them a sense of children's own impressions of the services they use and the challenges they face.

Ofsted's chief inspector, Christine Gilbert, said: "The survey presents much that is positive about life for children and young people today. However, it is also clear that more needs to be done to address children's and young people's worries and concerns about how safe they feel."

The children's secretary, Ed Balls, said: "This survey shows that the majority of children and young people in England today feel happy, safe, enjoy life and are doing well at school. But the survey also shows challenges and pressures that we need to address with decisive action."

ALL'INDECENZA NON C'E' LIMITE (da "repubblica.it", Nov 14 - 2007)


Modena, l'accusa di un preside. Le foto tolte dopo la denuncia
La ragazza, 16 anni, marocchina, schiacciata da un autobus.

"Hanno ripreso e messo in rete la morte di una coetanea"

di LUIGI SPEZIA




MODENA - Foto alla compagna di scuola appena uccisa da un autobus. E battute di derisione, come "dai, vai a vederla anche tu, ha la testa staccata". Immagini lanciate su You Tube o Rotten. com o su blog privati, secondo i racconti raccolti da Eugenio Sponzilli, preside dell'Istituto d'Arte di Modena, che denuncia "l'agghiacciante degenerazione delle relazioni umane di molti adolescenti" impegnati, di fronte ad una compagna morta in strada, a usare i cellulari, filmare una scena macabra, "splatter" e scambiare battute ironiche.

Sara Hamid, 16 anni, marocchina, schiacciata da un bus all'autostazione mentre tornava a casa, era una rappresentante di classe dell'Istituto d'Arte, molto attiva. Marocchina di seconda generazione, perfettamente inserita, molto stimata dai compagni. "Parecchi ragazzi mi hanno detto di sapere che quelle immagini sono finite su Internet - dice il preside, 61 anni di cui 23 alla guida delle scuole -. Non siamo riusciti a trovarle, tuttavia. Secondo me le hanno tolte quando hanno saputo che stavo per fare denuncia alla Polizia Postale, alla quale infatti mi sono rivolto. I ragazzi le hanno viste sui cellulari e forse sono finite anche su alcuni blog". Un bullismo elettronico che non si ferma nemmeno davanti ad una morte orrenda.

L'incidente è avvenuto il 31 ottobre, verso le 13 e trenta, quando l'autostazione è invasa da migliaia di adolescenti delle superiori che tornano nei paesi della provincia modenese. "Alcuni ragazzi a vedere quella scena sono svenuti o hanno pianto. Altri hanno riso davanti a quel cadavere scomposto. E c'erano parecchi studenti con zainetto in spalla che hanno fotografato e filmato i pezzi del cervello della loro compagna sparsi a terra. Una cosa scandalosa, incredibile. Mi chiedo cosa stia capitando ai nostri ragazzi, ormai molti di loro sono impermeabili a qualsiasi messaggio educativo".

Il preside con 23 anni di esperienza non sa più che fare: "Se denuncio pubblicamente questi comportamenti è perché sono preoccupato, mi rendo conto che abbiamo fallito". La scuola non assolve più il suo compito: "I ragazzi ci prendono semplicemente per dei tecnici, non siamo più né maestri di vita né modelli". La famiglia è in crisi: "A Modena, un terzo dei ragazzi ha i genitori separati che quindi seguono poco i figli. Se li convochiamo per qualche mancanza dei ragazzi, quasi sempre prendono le loro parti e trattano preside e professori dall'alto in basso. I ragazzi non hanno senso critico, ma tutti hanno un cellulare nuovo e costoso".

Il professor Sponzilli ha cercato di reagire. Quando il tam tam delle foto è giunto fino in presidenza, ha convocato l'assemblea con il centinaio di rappresentanti di classe (l'Istituto ha 1200 iscritti). "Dopo una bella paternale hanno cominciato a capire, almeno i rappresentanti. Vuol dire che se si riesce a suscitare in loro emotività qualcosa si ottiene. Ne è nata una bellissima iniziativa. Hanno fatto una colletta e raccolto 3000 euro, utili alla famiglia di Sara che ha trasportato la salma in Marocco. Alcune classi, addirittura, hanno rinunciato a premi in denaro per i lavori che fanno a società esterne". Un bel segnale, ma rimane il problema di fondo: "I nostri ragazzi ci sfuggono, vivono in un mondo inaccessibile sul quale non abbiamo potere".